GLI EFFETTI DELLO SBIANCAMENTO DENTALE SU RESTAURI GIÀ PRESENTI

Negli scorsi articoli, abbiamo visto in cosa consiste lo sbiancamento dentale, abbiamo parlato dei suoi vantaggi e svantaggi e delle varie tipologie di trattamento. Oggi, invece, vogliamo parlare dei principali effetti che lo sbiancamento ha.

Come già detto, molte delle richieste di sbiancamento che arrivano nello Studio Giordano di Modena sono di pazienti che in passato hanno fatto terapie restaurative importanti. Proprio per questo, è essenziale che i pazienti siano consapevoli di cosa significa e che importanza ha questo trattamento su un substrato ricettivo. Difatti, è necessario ristabilire una corretta igiene orale illustrando le manovre corrette da compiere a casa e, nel caso in cui si riscontri la presenza di lesioni attive da demineralizzazione, intervenire con la restaurativa.

Dal punto di vista biochimico, la maggior parte dei trattamenti sbiancanti è basata sul rilascio di sostanze attive, in particolare i perossidi di idrogeno e di carbammide, che operano sui tessuti dei denti. Nel caso in cui siano presenti restauri, secondo noi dello Studio Giordano di Modena è importante valutare che tipo di effetti hanno questi agenti sui materiali più comuni. I parametri da valutare riguarderanno soprattutto il colore, ma anche la serie delle caratteristiche di superficie.

Innanzi tutto, l’amalgama, riguardo alla quale vi è ancora un forte dibattito scientifico sul mantenimento di questo materiale. Nonostante questi, alcuni segnalano un rilascio di componenti chimici, come mercurio e argento, dopo che l’amalgama è venuta a contatto con il perossido di carbammide. Questo potrebbe essere legato all’età del restauro. Invece, il conseguente rilascio di ioni metallici dopo il contatto con perossido di idrogeno è stato analizzato anche in alcune ricerche sulle leghe ad uso odontoiatrico.

Riguardo alle ceramiche, considerate le più inerte fra i materiali odontoiatrici, hanno osservato che potrebbero verificarsi alterazioni a livello della superficie. Se vi è una perdita di silice a livello superficiale, questa potrebbe causare un’aumentata ruvidità e lo sbiancamento della ceramica.

Per ciò che concerne i cementi vetroionomerici, abbiamo diverse ricerche che hanno individuato alterazioni, riconducibili ad una diversa rigidità di superficie e ad un’aumentata suscettibilità alla pigmentazione.

Infine, in merito alle resine composite, i principali effetti riscontrati sono casi di discromia ed altre alterazioni, possibilmente legate alla formulazione del prodotto. Tuttavia, la maggior parte degli studi hanno avuto ottimi riscontri per questo materiale, includendo i compositi tra i materiali più resistenti allo sbiancamento. Infatti, è stato dimostrato che in molti casi l’agente è riuscito ad ottenere l’effetto desiderato, rimuovendo le pigmentazioni estrinseche dal materiale.

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